Pittura dell’ “Amen”
di Bruno Forte

 

“Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione piangono per aiuto, chiedono felicità e pane, salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte. Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani. Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione, lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane, lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte. I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza”. Questi versi di Dietrich Bonhoeffer, scritti nel carcere di Tegel dove trascorse gli ultimi due anni della sua vita prima di morire martire della barbarie nazista nel campo di concentramento di Floßenburg, esprimono l’esigenza profonda, propria di ogni vera, innamorata sequela del Signore Gesù, di non “ammirarlo” soltanto, ma di “imitarlo”, accompagnandolo nelle scelte della Sua vita e soprattutto nell’ora del Suo dolore. “Che differenza c’è fra un “ammiratore” e un “imitatore”? Un imitatore è ossia aspira a essere ciò ch’egli ammira; un ammiratore invece rimane personalmente fuori: in modo conscio o inconscio egli evita di vedere che quell’oggetto contiene nei suoi riguardi l’esigenza di essere o almeno d’aspirare a essere ciò che’egli ammira” (S.Kierkegaard, Esercizio del cristianesimo). Perciò “tutta la vita del Cristo sulla terra, dal principio alla fine, fu indirizzata assolutamente ad avere solo imitatori e a impedire agli ammiratori”.
A questa esigenza risponde in modo particolarmente denso l’historia passionis dipinta da Serena Nono: essa è tutt’altro che esercizio retorico, ma coinvolgimento, passione, che aiuta a far memoria della passione di Lui, per attualizzarne il mistero nella propria carne, nel proprio dolore, e partecipare così in unione con l’Abbandonato al mysterium pietatis della debolezza divina per la redenzione umana. Queste immagini non si lasciano solo contemplare: esse chiedono di essere accompagnate nel religioso ascolto della Parola e del Silenzio, che le abita, quasi a portare la croce insieme con Lui, per testimoniare nell’inquietudine di questa stagione cosiddetta “post-moderna”, uscita dalle avventure dell’ideologia e ammaliata dalle seduzioni della mancanza di senso o di passione per la vita, l'”impossibile possibilità” della speranza, che vince la morte e che solo la sofferenza del Dio Crocefisso ha dischiuso alla storia. Una pittura che è “memoria” nel forte e duro senso dello ziqqaron biblico: non operazione della mente per andare verso il passato, fragile “extensio animi ad praeterita” perche “così sia” in noi. Pittura dell'”Amen” della vita e del cuore, e proprio così pittura di sentieri interrotti che invocano, non catturano l’Altro: tale mi sembra essere la pittura di Serena Nono, nutrita com’è di memorie, di partecipi silenziosi, di attese, presenza discreta e intensa del Tutto nel frammento, e proprio così luogo di non effimera, ma vera bellezza…

 

Pittura dell'”Amen” di Bruno Forte, Febbraio 2000